Nuove Sostanze. Manifesto
della Rivoluzione Informatica
“Sostanza di cose separate”, questo era
il fine cui tendevano gli architetti della “Nuova Oggettività”, ossia una “rappresentazione
estetica condivisa” (Saggio) volta a risolvere i problemi del mondo industriale
(casa per tutti, dotazione di servizi minimi, zoning funzionale…). Oggi gli
orizzonti della ricerca architettonica puntano verso “nuove sostanze”. Lo “urbanscape”
guarda alle brown areas per ripensare
all’interstizio e riconnettere le aree dismesse, ridando loro dignità e vitalità.
La natura è vista non più come risorsa da sfruttare ma diviene oggetto di
valorizzazione, integrazione e salvaguardia nonché paradigma della complessità di
interazioni cui tendere nella progettazione architettonica. Allo “spazio
interno” si sostinuisce lo “spazio sistema”, in cui cadono le frontiere nette
tra interno e esterno, edificato e non, spazi serventi e serviti, perché l’architettura
“iper-funzionale” nasce “naturalmente” dal contesto con cui è chiamata a
confrontarsi, ne segue le linee forza e su esse si conforma. Tutto ciò è accaduto perché siamo nell’era
della “rivoluzione informatica”, al contempo “causa e strumento” dello svilupparsi
di queste “nuove sostanze”.
Il concetto mi è
sembrato estremamente condensato in una foto, opera di Luigi Ghirri (1943-92): l’artista
con le sue fotografie ha immortalato molteplici aspetti del “paesaggio dell’architettura”
(così si chiama il catalogo della mostra dedicatagli alla biennale di Milano del
2018). La feritoia come figurazione dell’interstizio, ma anche come
collegamento tra parti, collegamento non immediato e razionale, ma evanescente
(lo sfondo è sfumato, è luce! Finirà? Sarà un bivio? Da dove entra la luce?). E
poi, appunto, la luce, ossia la componente naturale, come parte attiva del
progetto. Manca la componente informatica: le foto di Ghirri sono tese più alla
scoperta del mondo della comunicazione in senso pubblicitario e delle periferie
e dei paesaggi naturali come sede di vitalità; d’altronde la sua scomparsa è
avvenuta in un momento in cui la “rivoluzione informatica” stava per esplodere
con tutte le sue forze.
Il compito sarà il nostro: essere “prosumers”
e non “consumers” dei mezzi informatici a nostra disposizione. Questo ci consentirà
di sviluppare a pieno il concetto di “field” affrontato nel laboratorio di
sintesi: una trama che con i nostri progetti architettonici siamo chiamati a intessere
al fine di instaurare continue relazioni con il contesto, con le sue componenti
visibili e meno visibili o addirittura non visibili. Vi è una grossa componente
di soggettività ma tutto parte dal contesto e dalla volontà di interpretarne
aspetti considerati rilevanti per generare un “rapporto univoco” tra suolo e
architettura. La complessità del progetto risiederà proprio nella complessità
di tale trama.
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