Monday, 25 November 2019

Nuove Sostanze. Manifesto della Rivoluzione Informatica

“Le aree si liberano, si cerca un rapporto più stretto con l'ambiente, si pensa alla architettura come ibridazione tra natura, paesaggio e tecnologia, si cercano spazi come sistemi complessi sempre più interagenti perché l'Informatica ha cambiato e sta cambiando il nostro essere al mondo ed ha aperto nuove possibilità al nostro futuro" (Antonino Saggio, Nuove Sostanze. L'informatica e il rinnovamento dell'Architettura)


“Sostanza di cose separate”, questo era il fine cui tendevano gli architetti della “Nuova Oggettività”, ossia una “rappresentazione estetica condivisa” (Saggio) volta a risolvere i problemi del mondo industriale (casa per tutti, dotazione di servizi minimi, zoning funzionale…). Oggi gli orizzonti della ricerca architettonica puntano verso “nuove sostanze”. Lo “urbanscape” guarda alle brown areas per ripensare all’interstizio e riconnettere le aree dismesse, ridando loro dignità e vitalità. La natura è vista non più come risorsa da sfruttare ma diviene oggetto di valorizzazione, integrazione e salvaguardia nonché paradigma della complessità di interazioni cui tendere nella progettazione architettonica. Allo “spazio interno” si sostinuisce lo “spazio sistema”, in cui cadono le frontiere nette tra interno e esterno, edificato e non, spazi serventi e serviti, perché l’architettura “iper-funzionale” nasce “naturalmente” dal contesto con cui è chiamata a confrontarsi, ne segue le linee forza e su esse si conforma.  Tutto ciò è accaduto perché siamo nell’era della “rivoluzione informatica”, al contempo “causa e strumento” dello svilupparsi di queste “nuove sostanze”.


Il concetto mi è sembrato estremamente condensato in una foto, opera di Luigi Ghirri (1943-92): l’artista con le sue fotografie ha immortalato molteplici aspetti del “paesaggio dell’architettura” (così si chiama il catalogo della mostra dedicatagli alla biennale di Milano del 2018). La feritoia come figurazione dell’interstizio, ma anche come collegamento tra parti, collegamento non immediato e razionale, ma evanescente (lo sfondo è sfumato, è luce! Finirà? Sarà un bivio? Da dove entra la luce?). E poi, appunto, la luce, ossia la componente naturale, come parte attiva del progetto. Manca la componente informatica: le foto di Ghirri sono tese più alla scoperta del mondo della comunicazione in senso pubblicitario e delle periferie e dei paesaggi naturali come sede di vitalità; d’altronde la sua scomparsa è avvenuta in un momento in cui la “rivoluzione informatica” stava per esplodere con tutte le sue forze.


Il compito sarà il nostro: essere “prosumers” e non “consumers” dei mezzi informatici a nostra disposizione. Questo ci consentirà di sviluppare a pieno il concetto di “field” affrontato nel laboratorio di sintesi: una trama che con i nostri progetti architettonici siamo chiamati a intessere al fine di instaurare continue relazioni con il contesto, con le sue componenti visibili e meno visibili o addirittura non visibili. Vi è una grossa componente di soggettività ma tutto parte dal contesto e dalla volontà di interpretarne aspetti considerati rilevanti per generare un “rapporto univoco” tra suolo e architettura. La complessità del progetto risiederà proprio nella complessità di tale trama.  

Per vedere altre foto dal catalogo della mostra allego link di riferimento https://www.domusweb.it/it/architettura/2018/07/10/luigi-ghirri-il-paesaggio-dellarchitettura.html

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